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Sul filo di un dualismo fra civiltà della crisi e civiltà dell'empatia, l'autore sottolinea come sia in atto un processo di evoluzione del nostro modello storico-sociale che solleva contraddizioni potenti di non semplice risoluzione. Tali contraddizioni sono evidenziate dall'imporsi di due narrazioni che muovono in direzioni reciprocamente contrarie. L'una, quella della crisi, dopo aver contribuito per decenni alla costruzione di un pensiero antidogmatico, sembra oggi legittimare il declino delle democrazie occidentali e la loro regressione a fasi antecedenti dello sviluppo storico. L'altra, quella dell'empatia, ipotizza l'avvento di un nuovo modello di civiltà, capace di portare a compimento quel processo di riforma del pensiero e degli stili esistenziali ed educativi che si è imposto negli ultimi decenni. Delle due narrazioni, la seconda risulta indubbiamente più ricca di sviluppi possibili all'interno dell'esperienza educativa: il rischio però è che ci si limiti a idealizzarla, senza coglierne gli elementi di ambivalenza e le difficoltà di attuazione. Ne consegue, per gli educatori del nostro tempo, l'opportunità di confrontarsi con entrambi questi registri narrativi, respingendo le derive nichiliste insite nella cultura della crisi, ma anche il riproporsi di ideali astratti di coscienza pacificata, incapaci di dar voce alle reali contraddizioni dell'esperienza.